sabato 20 giugno 2020

The Last Of Us2

Sembra esserci un elemento chiaro: siamo, come persone, peggiori delle cose che guardiamo, ascoltiamo, viviamo.
Lo si intuisce dal fatto che da ieri è possibile “vivere” (giocare non mi pare più la parola adatta) “The Last Of Us: Parte2” che è un po' l’apice di qualche decennio di videogiochi che nella loro parte più autoriale sono ormai, più che giochi, esperienze emotive.
Guardano al cinema, alle serie tv, alla filosofia, parlano di noi e del nostro mondo e ci pongono davanti scelte o azioni con una caratteristica che nessun altro media possiede: l’interattività.
E anche se si parla di calcetto, noi sappiamo la differenza tra un gol alla televisione e il gol segnato da noi al torneo della birra del paese: è una nostra azione, vissuta.
Ora: questa opera autoriale (mi ostino a non chiamarlo gioco, pur che gioco è una parola meravigliosa) include temi adulti. Include la violenza, la vendetta, la perdita, il dolore, la rabbia.
In più, include una protagonista omosessuale.
E se la stampa specializzata ha avuto come quasi unico voto il dieci, gli utenti si sono divisi, le polemiche esplose, il popolo della rete ha scoperto il fianco alle proprie ignoranze.
E leggendo qualche commento emerge un tema (che si lega dritto al razzismo, a Floyd, alle discriminazioni), quello di parecchie persone che iniziano a dire “se in ogni gioco o film o libro o serie tv ci devo vedere una persona di colore, o lesbica o genericamente diversa mi sale la rabbia”.
In parte è vero: in questo momento storico ci sono tantissimi esempi dove chi era prima escluso è ora protagonista.
Solamente che manca un pezzo in questo discorso: stiamo iniziando a raccontare il mondo.
E il mondo è popolato da bianchi e neri, etero e omosessuali, giovani e vecchi, donne e uomini.
Ci stiamo lasciando alle spalle un mondo di ruoli predefiniti e stiamo esplorando storie che non si pongono limiti e i limiti sono dentro di noi, che ancora ci troviamo a dover scrivere che Ellie è omosessuale, quando la realtà è che ha la stessa valenza di dire che ha un naso.
Siamo ciò che siamo e ci sono autori meravigliosi che scrivono storie da leggere, vedere o addirittura vivere, come in questo caso e se siamo così ancora chiusi nel nostro mondo da non poterci identificare (o prendere il ruolo di) qualunque cosa sia lontano dai nostri elementi personali, beh siamo persone povere.
Abbiamo imparato a idolatrare maghi, supereroi, animali.
Generazioni hanno giocato a impersonare vampiri, fate o troll.
Adulti sono cresciuti immaginando astronavi nello spazi o dinosauri nelle città.
Eppure siamo ancora qui, piccoli uomini, a crederci migliori e invece ancora impantanati nell’infinita difficoltà a gestire il diverso, forse solo spaventati.
Ma il diverso è sempre e unicamente arricchimento.
Nel frattempo, c’è una esperienza meravigliosa da vivere.

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